Multifunzionalità dell'impresa agricola ed equivoci sull'agroalimentare: la PAC snaturata
Lettura - ore 16.00
Lettura di Luigi Costato
Nel Trattato istitutivo della CEE fu riconosciuta, in primis, la particolare natura dell’attività produttiva agricola rispetto a quella del settore secondario e e di quello terziario; si è compreso che l’incontro della domanda e dell’offerta, che avviene con forte automatismo in questi ultimi due settori, in quello primario non ha, normalmente, tale caratteristica. Infatti, la produzione incerta, l’estrema frammentazione delle imprese agrarie rispetto a quelle che acquistano i suoi prodotti fanno sì che l’agricoltore sia in una posizione di estrema debolezza a fronte del mercato, salvo che proponga prodotti fortemente individualizzati e altrettanto conosciuti, come possono essere, normalmente, solo dei trasformati e non delle materie prime.
L’eccezionalità del regime previsto per l’agricoltura, che doveva essere costruito sulla base delle indicazioni vincolanti dell’art. 39 del Trattato, portava a prevedere una forte attività legislativa della Comunità, come, in effetti, avvenne, e l’agricoltura europea fiorì per decenni grazie a sistemi protettivi efficaci.
La PAC, riformata improvvidamente nel 2003, con lo scopo di favorire un rinnovo dell’Accordo agricolo contenuto nel Trattato di Marrakech (rinnovo non ancora avvenuto!!!) ha rovesciato l’originaria impostazione favorendo la riduzione delle produzioni agricole; eliminando le protezioni che stabilizzavano il mercato dei prodotti agricoli con la conseguenza di portare gli agricoltori europei a confrontarsi con i produttori del mondo, che hanno palesemente costi di produzione del tutto diversi (e gli agricoltori, se de localizzano le loro imprese, abbandonano i terreni europei); rendendo precarie le condizioni di reddito delle imprese agricole e dei loro imprenditori; permettendo che il mercato europeo sia assoggettato, per i differenti prodotti, a sbalzi che non garantiscono prezzi ragionevoli ai consumatori.
Tutto ciò è avvenuto nonostante la vigenza dell’art. 39 (oggi 39 ancora, nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea di Lisbona), che è restato immutato. Balzano agli occhi, in tutta evidenza, le grandi violazioni del Trattato operate dai riformatori del 2003 e da quelli successivi, che aggravano il distacco dal dettato del Trattato di riforma in riforma. Occorre intervenire per il rispetto dei Trattati.