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Le ripetute e perduranti crisi degli ultimi due anni, dalla
pandemia del Covid-19 alla guerra in Ucraina, hanno riportato in primo piano le
politiche della sicurezza e con queste la responsabilità delle Istituzioni europee e nazionali nel garantire l’accesso al cibo. La Politica Agricola Comune era stata immaginata e disegnata dai
fondatori della Comunità Economica Europea per rispondere anzitutto a domande
di sicurezza:
- della popolazione agricola, alla quale assicurare un tenore di
vita equo, attraverso l’incremento della produttività in agricoltura;
- dei consumatori, ai quali garantire la sicurezza degli
approvvigionamenti, assicurando prezzi ragionevoli nell’accesso al cibo.
Le politiche
dei decenni successivi, caratterizzate da un deciso intervento pubblico, hanno
operato con successo per conseguire questi obiettivi.
A far tempo dalla fine del secolo ventesimo, ed in
misura crescente a partire dalle riforme del 2003, i profili produttivi hanno
progressivamente perso rilievo, a fronte della crescente doverosa attenzione ai
profili di compatibilità ambientale.
I temi legati alla sicurezza degli approvvigionamenti
sono passati in secondo piano, nella persuasione che i mercati mondiali
avrebbero comunque garantito alla popolazione europea l’acquisto di prodotti
agricoli ed alimentari a prezzi accessibili, consentendo nel frattempo di
privilegiare in ambito europeo sostenibilità, biodiversità ed ecocompatibilità.
Le crisi degli ultimi anni hanno invece reso manifesta
l’esigenza di coniugare nelle scelte quotidiane della Politica Agricola
l’attenzione ai profili di sostenibilità ambientale ed a quelli produttivi
all’interno di una nuova e complessa declinazione globale.
L’incontro a più voci, giuristi ed economisti, intende
proporre un’occasione di riflessione congiunta su questi temi, secondo una
pluralità di prospettive.
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