Conversazione
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Non vi è dubbio – come sosteneva un grande giurista, Mario Nigro – che il territorio costituisca uno degli elementi “reali” degli enti locali – oltre la comunità di cui l’ente è espressione – poiché questo è il luogo in cui la comunità vive ed è garanzia dell’autonomia stessa. Ed è qui che – fin dagli anni ’30 in Italia, ma ancor prima in altri paesi europei – nasce l’urbanistica come disciplina d’uso dei suoli ai fini dell’ordinato assetto del territorio. Dal risanamento delle città ottocentesche, Parigi, Vienna, Madrid, Firenze, all’espansione ordinata delle aree urbane, lo Stato centrale assume come giuridicamente rilevante la regolamentazione del rapporto autorità/libertà. Il potere di conformazione dei suoli acquista centralità rispetto ai tradizionali poteri autoritativi dell’esproprio ed al centro si pone il “piano”, ordinata spaziale e temporale a fini di risultato - come ebbe a dire un altro grande giurista del ‘900, Massimo Severo Giannini. Per lungo tempo il rapporto tra proprietà immobiliare e interessi pubblici è stato vissuto nel nostro ordinamento come rapporto conflittuale, alla ricerca del contenuto “minimo” del diritto in rapporto al paradigma della funzione sociale dell’art.42 Cost., mai circoscritto nei suoi contenuti. A distanza di 77 anni dall’approvazione della legge urbanistica fondamentale 1150 del ’42 – nonostante il radicamento storico dell’urbanistica come intrinsecamente discriminatoria, più volte ribadito dalla giurisprudenza – solo oggi va concretizzandosi la ricerca dell’equità tra le posizioni proprietarie a tutela anche dell’uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., attraverso modalità conformative di tipo perequativo/redistributivo presenti in molti piani regolatori, previste da tempo nelle legislazioni di paesi europei come la Spagna e il Portogallo. Il rapporto tra città “pubblica” – come espressione degli interessi della collettività – e interessi privati – come manifestazione dei diritti dei singoli – è così trasmigrato all’interno di dinamiche sempre più complesse, ed anche l’interpretazione di questo rapporto è stato oggetto di una profonda evoluzione, che ha finito per riconoscere ai soggetti privati un ruolo di comprimari nella realizzazione dell’espansione delle aree urbane dapprima, ed oggi nella “rigenerazione” e “riqualificazione” della città consolidata. La formula ben nota, “dal provvedimento al contratto”, sintetizza il passaggio graduale da un’amministrazione per provvedimenti ad un’amministrazione per accordi, il cui fine è il miglioramento dei luoghi di vita e di lavoro ed un maggior equilibrio tra spazi pubblici e spazi privati. Ma il territorio, ancorché espressione degli interessi locali, è attraversato dalla presenza di molti altri interessi pubblici meritevoli di tutela, che hanno imposto nel tempo - e si può dire “per tempo”, fin dai primi anni del secolo scorso – discipline di protezione di intere categorie di beni relativi al paesaggio, ai beni culturali, all’ambiente, alla tutela delle acque – che superano la dimensione locale per assurgere alla dimensione superlocale, ordinandosi anch’esse per piani, ed ampliando il novero dei soggetti pubblici in campo. Il “governo del territorio” materia concorrente del Titolo V Cost. allarga così lo sguardo alla tutela dei beni sensibili nel rispetto delle diverse competenze legislative. Dalla disciplina delle trasformazioni a quella delle conservazioni questa sembra la nuova frontiera, ancora incerta, che in assenza di interventi legislativi statali, alcune Regioni vanno perseguendo ai fini di un’ancora non ben definita filosofia di riduzione del consumo di suolo. La pubblicazione del “Trattato di Diritto del Territorio”, con il contributo di una pluralità di studiosi, di differenti aree disciplinari, si propone come occasione di riflessione congiunta su questi temi, alla ricerca di un tessuto unificante delle discipline sin qui emerse.
Introduce Ferdinando Albisinni
Intervengono: Giorgio Pagliari, Edoardo Chiti, Rita Biasi, Nicola Lucifero, Giulia Dimitrio
Discutono: Franco Gaetano Scoca, Paolo Stella Richter, Paolo Urbani
Considerazioni conclusive – Luigi Costato, Ferdinando Albisinni