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La difesa fitosanitaria in olivicoltura ha di fronte oggi, in Italia, molteplici sfide. La prima e più ardua è sin dal 2013, quella relativa a Xylella fastidiosa ssp. pauca. Altre riguardano classiche problematiche di ordine crittogamico come le malattie dovute a Pseudomonas savastanoi pv. savastanoi, Venturia oleaginea e Mycocentrospora cladosporioides. Altre ancora sono distinguibili tra quelle dovute a insetti da sempreritenuti “fitofagi chiave” (come i carpofagi Bactrocera oleae e Prays oleae) e quelle causate sia da specie indigene, significativamente ascesedi recente per dannosità e importanza economica (come Dasineura oleae e Palpita vitrealis), sia da specie esotiche polifaghe e altamente invasive (come Halyomorpha halys). Comuni difficoltà di gestione, per diversi problemi fitosanitari olivicoli, sono dipendenti: dai cambiamenti climatici in atto (con l’intensificazione dei fenomeni e la variabilità meteorica spazio-temporale); dalla compresenza territoriale di oliveti semiabbandonati e di arboreti di nuova concezione ad elevata intensità colturale (per densità d’impianto e meccanizzazione); non ultimo, dalla contrazione della farmacopea agricola a seguito dell’evoluzione della normativa fitosanitaria comunitaria (sempre più stringente a tutela della salute umana e dell'ambiente). Questo complesso di sfide è tuttavia da tempo affrontabile con fiducia, facendo leva su tre cardini primari, validi per ogni tipo di olivicoltura: 1) garantire una sufficiente biodiversità e resilienza interna all'oliveto; 2) favorire i sistemi di difesa fitosanitaria biologica, microbiologica e biotecnologica; 3) applicare questi concetti classici di "Integrated Pest Management" (IPM) in una logica territoriale dinamica di "Area-Wide Pest Management" (AWPM).
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