CABREI

Mostra

L’esposizione, inaugurata presso la Sede accademica il 18 gennaio 2012, è suddivisa in due parti: una storica con opere antiche (dal XVII al XIX sec.), realizzata grazie al disinteressato prestito di Famiglie di Georgofili (Ginori Lisci, Mazzei, Rimbotti, Contini Bonacossi, Frescobaldi, Conti) e curata da Davide Fiorino, ed una di opere contemporanee di Paquito Forster, curata da Lorenzo Nannelli.
Una definizione del termine cabreo, a suo tempo suggerita da Leonardo Ginori Lisci, può essere: Raccolta di mappe, prospetti di edifici, eseguiti a mano, della stessa misura e datazione, rappresentanti beni urbani e rurali di enti e privati; il tutto rilegato in volume (Cabrei in Toscana, raccolte di mappe,prospetti e vedute …, Firenze, 1978); il termine si fa risalire al nome dei registri dei privilegi della monarchia castigliana, voluti nella prima metà del Trecento da Alfonso di Aragona: dal latino “caput breve”, cioè letteralmente registro principale conciso, divenuto nel latino medievale “capibrevium” e dunque “cabreo”.
I veri e propri cabrei, raccolta di mappe catastali che nel disegno particolareggiato riescono a visualizzare in modo pratico le proprietà terriere e i beni immobili, risalgono ad un’epoca più tarda; la produzione più copiosa ed artistica si ebbe nel Settecento, quando le teorie illuministiche dettero un particolare impulso ad ogni pratica che consentisse di razionalizzare la gestione e l’amministrazione della cosa pubblica e privata. I proprietari terrieri, gli enti religiosi e le amministrazioni comunali avvertivano l’esigenza di inventariare le proprietà, fissare i confini, descrivere le strade poderali, i diritti di servitù, l’estensione dei boschi, dei pascoli e dei campi coltivati, le costruzioni coloniche disseminate sul territorio, i corsi d’acqua e quanto altro potesse tornare utile alla gestione del bene in questione. Sono documenti oggi preziosi per studiare e seguire le profonde trasformazioni del paesaggio agricolo e del territorio toscano. Nell’Ottocento, la nascita e l’entrata in funzione del Catasto particellare toscano, voluto dal Governo napoleonico e proseguito da Ferdinando III, portò al declino di questa vera e propria arte, che oggi Paquito Forster ha riscoperto e rinnovato in un atto puramente estetico e quasi totalmente svincolato dalle esigenze pratiche per cui il genere è sorto. Ogni suo lavoro è frutto di ricerche sul territorio, negli archivi dei privati e delle realtà locali dove il paesaggio è il protagonista ed è visto attraverso la sua storia e il suo attuale sviluppo come soggetto in continua evoluzione per l'intervento dell'uomo e per azione della natura stessa.
Arricchiscono l’esposizione volumi e documenti tratti dalla Biblioteca e dall’Archivio Storico dell’Accademia
La mostra resterà aperta fino a giovedì 23 febbraio 2012


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